Non c’è futuro senza radici Costruiamo il nuovo con l’esperienza e l’entusiasmo di Francesco Nucara Le elezioni politiche si avvicinano e nel nostro partito, invece di parlare dei problemi del Paese, parliamo del ricambio generazionale. All’orizzonte, ma ciò non è ancora avvertibile, una moltitudine di giovani pronti a prendere il posto dei "vecchi"… Ci sono invece giovani invisibili che considerano l’ingresso nella Direzione Nazionale del Partito un "posticino". Sarà il vizio meridionale della ricerca del "posto" e non del lavoro, che induce qualche ragazzo a confondere il quotidiano con la prospettiva? Lo scritto di Giovanni Postorino, che troverete in altra pagina del giornale, è condivisibile in molte parti. Mi permetto solo di fare qualche osservazione. Noi non siamo gli eredi di una costola del Partito d’Azione. E’ pur vero che da questa costola è arrivato il segretario del partito che ci ha accompagnato dagli anni ‘60 fino al 1975, ma ribadisco: siamo gli eredi di Mazzini e Cattaneo, non del Partito d’Azione, che, come si è visto, si è dissolto perché al suo interno convivevano esperienze comuniste, liberali, repubblicane, ecc. Niente da dire, per carità, e tuttavia, se si vogliono usare citazioni per rafforzare una propria idea, e il sottoscritto lo fa, esse siano appropriate. La critica, se è corretta e non tesa a raggiungere obiettivi leciti con piccole trovate, è il sale delle vita e vieppiù della politica. Ma se la critica è onestamente e correttamente dichiarata, lo deve essere altrettanto, e anche di più, l’autocritica. Chi nella vita, fosse un’azienda, un circolo culturale, un’associazione qualunque, ha rivestito incarichi di responsabilità, non se la può prendere con gli altri, se prima non se la prende con se stesso. Oddio: il ricambio generazionale, (voglio ricordare quanto dissi al Congresso di Fiuggi del 2002, orsono 7 anni, ahimè): "… il giovane Eumene rivolgendosi al suo maestro Teocrito: ‘Ahimè vedo che alta, troppo alta è la strada della Poesia; sto sempre nel primo scalino, l’andare in su non è nelle mie forze’ e Teocrito rispose: ‘Sappi che questo primo scalino avanza di molto la gente comune, che per salire anche questo scalino si deve essere, di pieno diritto, cittadini della città delle idee’. I repubblicani hanno l’orgoglio di sentirsi da sempre cittadini della città delle idee. I giovani imparino ad esserlo praticandone la cittadinanza così che per loro sarà a pieno titolo e non onoraria." Orbene, da questo possiamo evincere che il ricambio generazionale, almeno nel nostro partito, non è il nodo della questione. Ricordo a che età alcuni repubblicani sono approdati in Parlamento: Oronzo Reale 56 anni, Ugo La Malfa 45 anni, Bruno Visentini 58 anni, Giovanni Spadolini 47 anni, Randolfo Pacciardi 49 anni … E solo per ricordare i più noti e i più importanti! Il ricambio generazionale non riguarda l’anagrafe, bensì la politica, ed è compito di una classe dirigente costruirlo, agevolarlo, accompagnarlo ad una successione, non ad una sostituzione della rappresentanza repubblicana attuale tout court. Non dobbiamo rottamare nulla del nostro passato. Non dobbiamo trasferire nel nostro piccolo partito le "beghe" che sono patrimonio di altri. Ha ragione Postorino quando dice che sarebbe stato necessario fare di più, ma nessuno meglio di lui, che da segretario organizzativo del PRI ha toccato con mano tutte le vicende che hanno travagliato il partito in questi anni, può trovare spiegazioni a quanto non si è fatto e soddisfazione per ciò che si è fatto. Non è utile azzardarsi oggi in profetici schieramenti, quando non sappiamo quali sigle partitiche saranno presenti nella prossima consultazione elettorale. Ci conforta il parere di due valenti giornalisti, vecchi anche loro ahinoi, Eugenio Scalfari e Giampaolo Pansa, che sui loro giornali, "La Repubblica" e "Libero" di domenica 15/7, pur da posizioni politiche diametralmente opposte, ci forniscono analisi simili: il 2013 sarà un’altra storia. Stiamo attenti alle sirene, giovani repubblicani! A correre troppo rischiamo di fare la fine di Dorando Pietri. Primo per tutta una corsa e crollò a pochi metri dal traguardo. Nessuno chiede più dei corsi di formazione per giovani repubblicani. Che succede? Si pensa solo al posto? Non credo. E allora tutti insieme, senza distinzione anagrafica, mettiamoci al lavoro. Ai giovani repubblicani, che non vedo e non sento e che spesso e volentieri si comportano da "vecchi arnesi" della politica, posso dire di farsi avanti con il lavoro politico, e poi ancora con il lavoro politico e così continuando. Se il lavoro politico è serio, tutto il resto viene da sé in maniera naturale. Non basta? Del rapporto partito-giovani repubblicani invisibili torneremo a parlare, mi auguro costruttivamente. |